La madre, mite e affettuosa, era originaria di Casarsa in Friuli. tutti uguali ecc. Oppure ancora la sequenza della preparazione del viaggio in Patagonia: gli operai che ascoltano ecc. Il cinema finora è sempre stato soltanto il cinema, il che significa che finora un autore di cinema è stato quasi costretto dalle circostanze ad essere un romanziere. $("#googleLogin").attr("href", $("#googleLogin").attr("href")+ "&state=" + encodeURIComponent(document.URL.toString())).removeAttr("id"); - Scrittore, poeta, autore e regista cinematografico e teatrale italiano (Bologna 1922 - Ostia, Roma, 1975). Aveva 53 anni, la gran parte dei quali spesi nel e per la letteratura, il cinema, il teatro, il giornalismo, sempre imbevuti delle sue idee pungenti e spesso anticonformiste. Pasolini e il Sud. Bisognerà poi fare una distinzione tra monologo interiore e discorso libero indiretto: il monologo interiore è un discorso rivissuto dall’autore in un personaggio che sia almeno idealmente del suo censo, della sua generazione, della sua situazione sociale: la lingua può essere dunque la stessa: l’individuazione psicologica e oggettiva del personaggio non è un fatto di lingua, ma di stile. Aspetta… mi pare a Zagorà – immagine di Zagorà coi suoi palmizi verdini contro la terra rosa – … in compagnia di Abd el-Kader… – immagine di Abd el-Kader e della «persona» che camminano contro le casermette degli ex avamposti francesi – ecc.) 55. Le immobilità ossessive dell’inquadratura sono tipiche anche del film di Bertolucci Prima della rivoluzione. Pasolini, "Petrolio": riassunto e commento Nel 1992 viene pubblicato da Einaudi il romanzo incompiuto d i Pier Paolo Pasolini, Petrolio. Ma, anche in tale vocabolario, la lingua è per forza interdialettale e internazionale: perché gli occhi sono uguali in tutto il mondo. (Naturalmente c’è la riserva, dovuta al mio moralismo di marxista, di una possibile alternativa: ossia di un rinnovamento di quel mandato dello scrittore che in questo momento si presenta come scaduto.). Qual è la differenza fondamentale tra questi due tipi di cinema, il cinema di prosa e il cinema di poesia? Naturalmente l’uso del «libero indiretto» è esploso prima col naturalismo (si veda quello poetico e arcaicizzante del Verga), e poi con la letteratura crepuscolare-intimistica: ossia è l’Ottocento che si esprime molto abbondantemente attraverso i discorsi rivissuti. Ma occorrono due parole, prima, per stabilire cosa intendo per «discorso libero indiretto». Tale tradizione tecnico-stilistica nascente si fonda sull’insieme di quegli stilemi cinematografici, che si sono formati quasi naturalmente in funzione degli eccessi psicologici anomali dei protagonisti scelti pretestualmente: o meglio in funzione di una visione sostanzialmente formalistica del mondo (informale in Antonioni, elegiaca in Bertolucci, tecnicistica in Godard ecc. Se questo ragionamento fosse giusto, come pare, il cinema non potrebbe fisicamente esserci: o, se ci fosse, sarebbe una mostruosità, una serie di segni insignificanti. Se dovessi definire questa distinzione direi che nel cinema di prosa i protagonisti, come nei romanzi classici, sono i personaggi, la loro storia e il loro ambiente. Caratteristica costante di tutti i discorsi rivissuti è quella di non poter prescindere da una certa coscienza sociologica, da parte dell’autore, dell’ambiente ch’egli evoca: è infatti la condizione sociale di un personaggio che determina la sua lingua (linguaggio specialistico, gergo, dialetto, lingua dialettizzata che sia). La sua vitalità non ha ritegni, pudori, o scrupoli. Riassunto Lezioni di regia Riassunto Cinema Tecnica E Linguaggio Alonge Introduzione alla storia del cinema a cura di P. Bertetto Riassunto esame di storia del cinema libro consigliato il cinema percorsi storici e questioni teoriche Montaggio nella storia del cinema Griffith - Riassunto Introduzione alla storia del cinema. E per ciascun altro film, ho dovuto imparare una tecnica differente e adatta." Tuttavia le metafore particolari, volute specificamente, hanno sempre in sé qualcosa di inevitabilmente rozzo e convenzionale. La macchina, dunque, si sente, per delle buone ragioni: l’alternarsi di obbiettivi diversi, un 25 o un 300 sulla stessa faccia, lo sperpero dello zum, coi suoi obbiettivi altissimi, che stanno addosso alle cose dilatandole come pani troppo lievitati, i controluce continui e fintamente casuali con i loro barbagli in macchina, i movimenti di macchina a mano, le carrellate esasperate, i montaggi sbagliati per ragioni espressive, gli attacchi irritanti, le immobilità interminabili su una stessa immagine ecc. Credo che un discorso sul cinema come lingua espressiva non possa ormai cominciare senza tener presente almeno la terminologia della semiotica. Tale ossessività contraddice non solo la norma del linguaggio cinematografico comune, ma la stessa regolamentazione interna del film in quanto «soggettiva libera indiretta». La sua «aggiunta storica» all’im-segno si applica a un im-segno di vita cortissima. Il sito raccoglie e pubblica gratuitamente tesi di laurea, dottorato e master. La mancanza così di un elemento – quello che in letteratura è costituito da pensieri espressi da parole concettuali o astratte – fa sì che mai una «soggettiva libera indiretta» corrisponda perfettamente a quello che è il monologo interiore in letteratura. ecc., tutto questo codice tecnico è nato quasi per insofferenza alle regole, per un bisogno di libertà irregolare e provocatoria, per un diversamente autentico o delizioso gusto dell’anarchia: ma è divenuto subito canone, patrimonio linguistico e prosodico, che interessa contemporaneamente tutte le cinematografie mondiali. Quando uno sceneggiatore usa le espressioni: «Come vista da Accattone, Stella cammina per il praticello zozzo», oppure «Primo piano di Cabiria che osserva e vede… Laggiù, tra le acacie, dei ragazzi che avanzano suonando degli strumenti e ballando» – abbozza lo schema di quelle che nel momento di girare e più di montare il film, diverranno delle soggettive. Soggettive famose, magari per extravaganza, non difettano: riandate con la memoria alla soggettiva del cadavere che vede tutto il mondo come può vederlo chi è disteso dentro una bara, cioè dal basso all’alto e in movimento. Il cinema di Pasolini può essere considerato come uno specchio del suo percorso artistico e dell’evoluzione del suo pensiero. La domanda che si pone è questa, come è teoricamente spiegabile e praticamente possibile, nel cinema, la «lingua della poesia»? Mettiamo: sistemi di segni mimici. Del resto, anche uno scrittore se per ipotesi rivive il discorso di un personaggio socialmente identico a lui, non può differenziarne la psicologia attraverso la lingua – che è la sua stessa – ma attraverso lo stile. Molto semplicemente, è stata possibile creando la «condizione stilistica» per una «soggettiva libera indiretta» che coincide con l’intero film. Nel film si avverte il profondo senso di disillusione che il regista prova nei confronti dei partiti marxisti, italiani e … Ogni realtà linguistica è un insieme di lingue differenziate e differenzianti socialmente: e lo scrittore che usi il «libero indiretto» deve avere soprattutto coscienza di questo: che è poi una forma di coscienza di classe. Oppure utilizza il tuo account Se poi appartengono ad altro mondo sociale, vengono mitizzati e assimilati attraverso la tipizzazione dell’anomalia, della nevrosi o dell’ipersensibilità ecc. Anzi, nella realtà, a integrare la lingua parlata, un sistema di segni mimici deve effettivamente essere invocato. Sotto tale film, scorre l’altro film – quello che l’autore avrebbe fatto anche senza il pretesto della mimesis visiva del suo protagonista: un film totalmente e liberamente di carattere espressivo-espressionistico. Tale convenzione narrativa appartiene indubbiamente, per analogia, alla lingua della comunicazione prosastica: ma con tale lingua essa ha in comune solo l’aspetto esteriore – i procedimenti logici e illustrativi – mentre manca di un elemento sostanziale della «lingua della prosa»: la razionalità. Nel cinema di poesia invece il protagonista è lo stile. Non c’è nessuna immagine incasellata e pronta per l’uso. In circa cinquant’anni di cinema si è venuto stabilendo, è vero, una specie di dizionario cinematografico, ossia una convenzione: che ha questo di curioso: è stilistica prima di essere grammaticale. Il cinema, ho detto, prima, mancando di lessico concettuale e astratto, è potentemente metaforico, anzi, parte subito, a fortiori, al livello della metafora. Cioè, nel cinema di prosa non si sente la macchina da presa, nel cinema di poesia si sente la macchina da presa. Egli è perciò completamente impossibilitato a ogni mimesis naturalistica di un linguaggio, di un ipotetico «sguardo» altrui alla realtà. Questa è probabilmente la differenza principe tra l’opera letteraria e l’opera cinematografica (se importa fare tale confronto). Lo strumento linguistico su cui si impianta il cinema è dunque di tipo irrazionalistico: e questo spiega la profonda qualità onirica del cinema, e anche la sua assoluta e imprescindibile concretezza, diciamo, oggettuale. Quali esempi concreti di tutto questo, trascinerò nel laboratorio Antonioni, Bertolucci e Godard – ma potrei aggiungere anche, dal Brasile, Rocha, o, dalla Cecoslovacchia, Forman, e naturalmente moltissimi altri (quasi tutti gli autori del Festival di Pesaro, presumibilmente). Per esempio, quei due o tre fiori violetti sfuocati in primo piano, nell’inquadratura in cui i due protagonisti entrano nella casa dell’operaio nevrotico: e quegli stessi due o tre fiori violetti, che ricompaiono nello sfondo – non più sfuocati, ma ferocemente nitidi – nell’inquadratura dell’uscita. È chiaro che la «soggettiva libera indiretta» è pretestuale: e Antonioni se ne è magari arbitrariamente giovato per consentirsi la massima libertà poetica, una libertà che rasenta – e per questo è inebriante – l’arbitrio. II) La tecnica del fare entrare e uscire i personaggi nell’inquadratura, per cui, in modo talvolta ossessivo, il montaggio consiste in una serie di «quadri» – che possiamo dire informali – dove i personaggi entrano, dicono o fanno qualcosa, e poi escono, lasciando di nuovo il quadro alla sua pura, assoluta significazione di quadro: cui succede un altro quadro analogo, dove poi i personaggi entrano ecc. II) L’uso della «soggettiva libera indiretta» nel cinema di poesia, come abbiamo più volte ripetuto, è pretestuale: serve a parlare indirettamente – attraverso un qualsiasi alibi narrativo – in prima persona: e quindi il linguaggio adoperato per i monologhi interiori dei personaggi pretestuali è il linguaggio di una «prima persona» che vede il mondo secondo un’ispirazione sostanzialmente irrazionalistica: e che per esprimersi deve dunque ricorrere ai più clamorosi mezzi espressivi della «lingua della poesia». È in questo «indiretto» pretestuale – ora per ragioni buone ora per ragioni cattive – che si può avere una narrativa scritta con forti quantitativi presi dalla «lingua della poesia». Ossia: tutti i suoi elementi irrazionalistici, onirici, elementari e barbarici, sono stati tenuti sotto il livello della coscienza: sono stati cioè sfruttati come elemento inconscio di urto e di persuasione: e sopra questo «monstrum» ipnotico che è sempre un film, è stata costruita rapidamente quella convenzione narrativa che ha fornito materia di inutili e pseudo-critici paragoni col teatro e il romanzo. Al di fuori di quel dizionario non c’è nulla, se non forse la mimica che accompagna i segni nell’uso parlato. Una semplice utilità terminologica, evidentemente: che non ha significato se non si proceda poi a un esame comparativo di questo fenomeno, in una situazione culturale, sociale e politica più vasta. Dove la poeticità del linguaggio è follemente evidenziata. Questo ha voluto dire che esso ha subito una violentazione del resto abbastanza prevedibile e inevitabile. La borghesia, insomma, anche nel cinema, ridentifica se stessa con l’intera umanità, in un interclassismo irrazionalistico. Il cinema nasce dunque come documentario (vengono ripresi fatti di cronaca, cerimonie, guerre, cataclismi, competizioni sportive). ecc. - Il Cinema e il resto . Efficacia della normativa procedurale sul Terrorismo in Italia: come ha inciso l’attentato alle Torri Gemelle? Do il mio consenso affinché un cookie salvi i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento. La realtà è che il cinema nel momento stesso in cui si è posto come «tecnica» o «genere» nuovo d’espressione, si è posto anche come nuova tecnica o genere di spettacolo d’evasione: con una quantità di consumatori inimmaginabile per tutte le altre forme espressive. La serie degli «stilemi cinematografici», così nati e catalogati in una tradizione appena fondata e ancora senza norme se non intuitive e direi pragmatiche – coincidono tutti con dei processi tipici dell’espressione specificamente cinematografica. Ne consegue un aumento di storicità della parola: cioè un aumento di significato. Perciò per ora il cinema è un linguaggio artistico non filosofico. Anche Godard, naturalmente, fa il solito gioco: anch’egli ha bisogno di uno «stato dominante» del protagonista, per avallare la sua libertà tecnica: uno stato dominante nevrotico e scandaloso nel rapporto con la realtà. Tutto questo dovrebbe, in conclusione, far pensare che la lingua del cinema sia fondamentalmente una «lingua di poesia». Introduzione "Sono arrivato al cinema dopo i quarant'anni, e questo fatto è stato fondamentale: ho girato il mio primo film semplicemente per esprimermi in una tecnica differente, tecnica di cui ignoravo tutto e che ho appreso con questo primo film. Infatti: I) egli deve prendere dal caos l’im-segno, renderlo possibile, e presupporlo come sistemato in un dizionario degli im-segni significativi (mimica, ambiente, sogno, memoria); II) compiere poi l’operazione dello scrittore: ossia aggiungere a tale im-segno puramente morfologico la qualità espressiva individuale. Registrati al sito per restare aggiornato sulle ultime pubblicazioni e sui nostri servizi. Se però la «soggettiva libera indiretta» non corrisponde del tutto al «monologo interiore» essa corrisponde ancor meno al vero e proprio «libero indiretto». Pasolini, Pier Paolo. Il film che si vede e si accepisce normalmente è una «soggettiva libera indiretta», magari irregolare e approssimativa – molto libera, insomma: dovuta al fatto che l’autore si vale dello «stato d’animo psicologico dominante nel film» – che è quello di un protagonista malato, non normale – per farne una continua mimesis – che gli consente molta libertà stilistica anomala e provocatoria. Tutti noi, con i nostri occhi, abbiamo visto la famosa vaporiera con le sue ruote e i suoi stantuffi. Si pensi ai voli, affannati o gioiosi, di colombe, per metaforizzare stati d’animo di affanno o di gioia nell’animo del personaggio ecc. D’ora in poi può essere anche poeta. Opere di Pasolini Il pensiero e la poetica di Pasolini sono evidenti nelle sue opere principali. Ma, a dimostrazione che il fondo del film sia sostanzialmente questo formalismo, vorrei esaminare due aspetti di una particolare operazione stilistica (la stessa che esaminerò anche in Bertolucci e Godard) estremamente significativa. Tesionline è il più grande database delle Tesi di laurea e dei laureati italiani. Eretico e CorsaroE’ stato il processo alla «Ricotta» per vilipendio alla religione che mi ha impedito di realizzare «Il Padre Selvaggio». Insomma, come ha diritto di cittadinanza nello stile di un poeta la pre-grammaticalità dei segni parlati, avrà diritto di cittadinanza nello stile di un autore cinematografico la pre-grammaticalità degli oggetti. Ancora una cosa: nella sua ricerca di un dizionario come operazione fondamentale e preliminare, l’autore cinematografico non potrà mai raccogliere termini astratti. Infatti, per riassumere sinotticamente quanto ho detto finora, risulta: gli archetipi linguistici degli im-segni sono le immagini della memoria e del sogno, ossia immagini di «comunicazione con se stessi» (e di comunicazione solo indiretta con gli altri, in quanto l’immagine che l’altro ha di una cosa di cui io gli parlo, è un riferimento comune): quegli archetipi pongono dunque una base diretta di «soggettività» agli im-segni, e quindi un’appartenenza di massima al mondo della poeticità: sì che la tendenza del linguaggio cinematografico dovrebbe essere una tendenza espressivamente soggettivo-lirica. Nel cinema di prosa i protagonisti, come nei romanzi classici, sono i personaggi, la loro storia e il loro ambiente. Ne nasce l’insistenza che si fa ossessiva: in quanto mito della sostanziale e angosciosa bellezza autonoma delle cose. Praticamente, tutto il sistema stilistico di Prima della rivoluzione è una lunga soggettiva libera indiretta, fondata sullo stato d’animo dominante della protagonista del film, la giovane zia nevrotica. Nel discorso diretto l’autore si fa da parte e cede la parola al suo personaggio, mettendola tra virgolette: E già il poeta innanzi mi saliva, e dicea: «Vienne omai: vedi ch’è tocco meridian dal sole ed alla riva cuopre la notte già col piè Morrocco». 9 Pagine: 55 Anno: 2011/2012. Essa ricostituisce, in se stessa, il mondo: è anche cinica verso se stessa. Il "cinema ideologico" di Pasolini fa da ponte tra la fase del "cinema di borgata" (che comprende Accattone, Mamma Roma e La Ricotta) e la fase del "cinema del mito"(che va da Edipo Re a Medea). Significa che si sta formando una tradizione tecnico-stilistica comune: una lingua, cioè, del cinema di poesia. Il cinema finora è sempre stato soltanto il cinema, il che significa che finora un autore di cinema è stato quasi costretto dalle circostanze ad essere un romanziere. Come non sempre gli scrittori hanno una coscienza tecnica precisa di un’operazione come quella del discorso libero indiretto, così anche i registi hanno finora creato delle condizioni stilistiche a tale operazione, nella più assoluta inconsapevolezza, o con una consapevolezza molto approssimativa. Il cinema di Pier Paolo Pasolini, Accattone Tra i grandi cineasti emersi durante questo decennio, Pasolini è sicuramente il più controverso, nonché quello che ha maggiormente suscitato scalpore, fin dopo la sua morte, avvenuta brutalmente, e per cause mai chiaramente definite, nel 1975. Ma gli im-segni – come abbiamo visto – hanno anche altri archetipi: l’integrazione mimica del parlato e la realtà vista dagli occhi, coi suoi mille segni strettamente segnaletici. ... Pasolini, "Petrolio": riassunto e commento da repubblica. Nel cinema di poesia invece si sente fortemente la macchina da presa, si sente fortemente il montaggio. Il discorso diretto corrisponde, nel cinema, alla «soggettiva». } Riassunto: Nacque a Bologna nel 1922. Si può tuttavia affermare che la tradizione della lingua cinematografica, quale si è storicamente formata in questi primi decenni, è tendenzialmente naturalistica e oggettiva. Nella letteratura borghese, priva di coscienza di classe (cioè identificante se stessa con l’intera umanità), spesse volte il «libero indiretto» è un pretesto: l’autore si costruisce un personaggio, magari parlante una lingua inventata, per esprimere una propria particolare interpretazione del mondo. Dopo la nascita della fotografia, vennero fatti degli studi sul movimento attraverso degli scatti consecutivi. Post n°12709 pubblicato il 02 Novembre 2015 da Ladridicinema . $("#googleLogin").attr("href", $("#googleLogin").attr("href")+ "&state=" + encodeURIComponent(document.querySelector("link[rel='canonical']").href)).removeAttr("id"); D’ora in poi può essere anche poeta. Invece la comunicazione cinematografica sarebbe arbitraria e aberrante, senza precedenti strumentali effettivi, di cui tutti siano normalmente utenti. Ben pochi altri prodotti sia letterari che pittorici possono competere con lui, perché la loro qualità poetica è corrotta e resa irreale dal loro contenuto, ossia dalla poetica del surrealismo, che è una specie di contenutismo abbastanza brutale (per cui le parole o i colori perdono la loro purezza espressiva, per asservirsi a una impurità contenutistica mostruosa). Non è il frammento di mondo racchiuso nell’inquadratura e trasformato dall’inquadratura in un pezzo di bellezza figurativa a sé stante, che interessa Bertolucci, come invece interessa Antonioni. Casi di discorso libero indiretto si son sempre avuti, in letteratura. Pasolini, Il padre selvaggio, Torino, Einaudi,… La ricostruzione dei generi nel cinema di Quentin Tarantino, L'apporto alla critica e alla cultura cinematografica di Pietro Bianchi, Cinecittà 1950/60 tra bussiness e mondanità una nuova Hollywood sul Tevere dalle pagine dell'Europeo, La crisi delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche in Italia negli anni 2000, Ecologia del delitto - Il noir di Johnnie To (1988-1999). Va constatata dunque una certa univocità e un certo determinismo nell’oggetto che diviene immagine cinematografica: ed è naturale che sia così. Euripide è stato uno dei maggiori poeti tragici greci, e la sua opera Medea andò in scena per la prima volta nel 431 a.C. ad Atene. I campi obbligatori sono contrassegnati *. $("#fbLogin").attr("href", $("#fbLogin").attr("href") + "&state=" + encodeURIComponent(document.querySelector("link[rel='canonical']").href)); $("#fbLogin").attr("href", $("#fbLogin").attr("href") + "&state=" + encodeURIComponent(document.URL.toString())); E allora bisognerà subito fare, ai margini, un’osservazione: mentre la comunicazione strumentale che è alle basi della comunicazione poetica o filosofica è già estremamente elaborata, è insomma un sistema reale e storicamente complesso e maturo – la comunicazione visiva che è alla base del linguaggio cinematografico è, al contrario, estremamente rozza, quasi animale. E va detto che, in quanto prodotto surrealistico, è supremo. A Roma prosegue la sua attività di narratore, di poeta, di saggista e polemista. Perché è la natura onirica reale del sogno e della memoria inconscia che il surrealismo rimette in funzione nel cinema ecc. Prendiamo l’immagine delle ruote del treno che corrono tra sbuffi di vapore: non è un sintagma, è uno stilema. Spia della presenza di tale film sotterraneo non fatto, sono, appunto, come abbiamo visto nelle analisi particolari, le inquadrature e i ritmi di montaggio ossessivi. Il fatto che non vi si sentisse la macchina da presa, significava che la lingua aderiva ai significati, mettendosi al loro servizio: era trasparente fino alla perfezione; non si sovrapponeva ai fatti, violentandoli attraverso le folli deformazioni semantiche che si devono alla sua presenza come continua coscienza tecnico-stilistica. Non esiste un dizionario delle immagini. Dopo aver seguito nell'infanzia gli spostamenti del padre, ufficiale di carriera, compì gli studî a Bologna, dove si laureò nel 1945 con una tesi su Pascoli. Il «cinema di poesia» è in realtà, dunque, profondamente fondato sull’esercizio di stile come ispirazione, nella maggior parte dei casi, sinceramente poetica: tale da togliere ogni sospetto di mistificazione alla pretestualità dell’uso della «soggettiva libera indiretta». E può essere dunque definita un monologo interiore privo dell’elemento concettuale e filosofico astratto esplicito. Nel Deserto rosso, Antonioni non applica più, in una contaminazione un po’ goffa, come nei film precedenti, la sua propria visione formalistica del mondo a un contenuto genericamente impegnato (il problema della nevrosi da alienazione): ma guarda il mondo immergendosi nella sua protagonista nevrotica, rivivendo i fatti attraverso lo «sguardo» di lei (che non per nulla stavolta è decisamente oltre il limite clinico: il suicidio essendo stato già tentato). Ma anche questo fatto è contraddetto: la breve storia stilistica del cinema, infatti, a causa della limitazione espressiva imposta dall’enormità numerica dei destinatari del film, ha fatto sì che gli stilemi fattisi subito sintagmi nel cinema, e rientrati dunque nell’istituzionalità linguistica, siano molto pochi, e in fondo rozzi (si ricordi l’eterno esempio delle ruote della locomotiva; l’infinita serie di P.P. ecc. Che utilità ha l’avere individuato, e in qualche modo battezzato, questa recente tradizione tecnico-stilistica di un «cinema di poesia»? Invece, storicamente, in concreto, dopo alcuni tentativi, subito troncati, all’epoca delle origini, la tradizione cinematografica che si è formata sembra essere quella di una «lingua della prosa», o almeno di una «lingua della prosa narrativa». L’istituzione linguistica, o grammaticale, dell’autore cinematografico è costituita da immagini: e le immagini sono sempre concrete, mai astratte (è possibile solo in una previsione millenaristica concepire immagini-simboli che subiscano un processo simile a quello delle parole, o almeno delle radicali, in origine concrete, che nelle fissazioni dell’uso, sono diventate astratte). L’operazione dello scrittore consiste nel prendere da quel dizionario, come oggetti custoditi in una teca, le parole, e farne un uso particolare: particolare rispetto al momento storico della parola e al proprio. Il suo atto, descritto toponomasticamente, è uno: rielaborazione del significato del segno. Nel cinema di poesia invece il protagonista è lo stile. E questo è un altro modo di dire quello che avevo già detto avanti: il cinema è fondamentalmente onirico per la elementarità dei suoi archetipi (che rielenchiamo: osservazione abituale e quindi inconscia dell’ambiente, mimica, memoria, sogni) e per la fondamentale prevalenza della pre-grammaticalità degli oggetti in quanto simboli del linguaggio visivo. ): si tratta del mondo della memoria e dei sogni. Tutto ciò si pone come momento convenzionale del linguaggio degli im-segni, e assicura ad esso ancora una volta una elementare convenzionalità oggettiva. Ciò sarebbe molto poco, certo. Che è poi quella che è prevalsa nella breve tradizione della storia del cinema, abbracciando in una sola convenzione linguistica i film d’arte e i film d’evasione, i capolavori e i feuilletons. Insomma, sotto la tecnica prodotta dallo stato d’animo disorientato, incoordinante, assillato dai particolari, attratto da attenzioni coatte ecc. Al boom di benessere si affiancò anche il cinema che iniziò a vivere una seconda giovinezza lontano da Hollywood, dove fino ad allora si erano prodotti. Anno. O se ci sono, come poi in realtà ci sono, sono totalmente al di fuori di ogni possibilità di catalogazione e d’uso. Ora, il cinema, probabilmente dal 1936, anno dell’uscita di Tempi moderni, è sempre stato in anticipo sulla letteratura: o almeno ha catalizzato con una tempestività che lo rendeva cronologicamente anteriore, i motivi socio-politici profondi che avrebbero caratterizzato di lì a poco la letteratura. Ogni sforzo ricostruttore della memoria è un «seguito di im-segni», ossia, in modo primordiale, una sequenza cinematografica. Quindi, i linguaggi letterati si presentano subito come leciti in quanto attuazione al sommo livello civile di uno strumento (un puro e semplice strumento) che serve effettivamente per comunicare. Ma non linguistica. La sua vita ha destato scandalo e la sua morte è rimasta irrisolta, ma con le sue opere ha saputo anticipare le trasformazioni della … Il dolore che ne ho avuto ancora mi brucia dolorosamente. Praticamente, attraverso certi modi tipici del «linguaggio della poesia». Son fatti linguistici puri, e quindi richiedono espressioni linguistiche specifiche. Vedremo più avanti le ragioni di questa sterzata: vedremo cioè come la nascita di una tradizione tecnica della «lingua della poesia» nel cinema, sia legata a una forma particolare di discorso libero indiretto cinematografico. [email protected], Ci trovi su Skype (redazione_tesi) I due momenti di tale operazione sono: I) L’accostamento successivo di due punti di vista, dalla diversità insignificante, su una stessa immagine: cioè il succedersi di due inquadrature che inquadrano lo stesso pezzo di realtà, prima da vicino, poi un po’ più da lontano; oppure, prima frontalmente e poi un po’ più obliquamente; oppure infine addirittura sullo stesso asse ma con due obiettivi diversi. Per l’autore cinematografico, invece, l’atto che è fondamentalmente simile, è molto più complicato. Trova tutto il materiale per Il cinema di Pier Paolo Pasolini di Adelio Ferrero; Lorenzo Pellizzari ... Studenti. Intanto, essa non può essere un vero e proprio «monologo interiore», in quanto il cinema non ha le possibilità d’interiorizzazione e d’astrazione che ha la parola: è un «monologo interiore» per immagini, ecco tutto. Invece, il cinema comunica. Se poi in tale sostituzione ci fosse qualcosa di arbitrario, non ci sarebbe nulla da ridire. La storia del cinema prende il via dalla volontà dell’uomo di voler girare il mondo, pur rimanendo dove si trovava. La loro poesia era altrove che nel linguaggio in quanto tecnica del linguaggio.